Andy Buckley

Fossili

Jurassic World, Universal Pictures, di Colin Trevorrow, con B.D. Wong, Chris Pratt, Bryce Dallas Howard, Vincent d’Onofrio, Jake Johnson, Nick Robinson, Ty Simpkins, Irrfan Khan, Omar Sy, Judy Greer, Lauren Lapkus, Brian Tee, Katie McGrath, Andy Buckley e.. I DINOSAURI!!!!! =)=)=)=)=). Fantascienza, Nostalgico, 124 min., USA, 2015

Un’altra strategia attuata dal capitalismo per sopravvivere  è quella di “guardare indietro”! Non si tratta di pura contemplazione, bensì di un vero e proprio prelevamento: si attribuisce valore economico al “vecchio”,  l’oggetto  inutile poiché fuori tempo, che grazie alla trasformazione in capitale diventa attrazione e prodotto degno d’ammirazione. Il cinema agisce come riflesso della società: produzioni hollywoodiane che non solo reintroducono saghe e rispolverano il “successo” di pellicole ormai abbandonate tra gli scaffali della memoria, ma grazie al progresso digitale, riescono a rimettere in commercio film restaurati un tempo dimenticati. Perché cos’è la conservazione se non un tentativo di allontanare la morte? E se la vita dipendesse strettamente dalla società in cui viviamo, poggiata su un sistema economico che prevede  produttività, benessere, evasione, tutti strumenti capaci di sospendere per un po’ il timore della fine di tutto? Valar Morghulis! Non resta che un ritorno all’inizio, poiché la storia rappresenta una materia che illustra un passato distante da ciò che è stato raggiunto finora e dunque assume i tratti del barocco, del bello o del bizzaro… del vistoso, del vendibile,.. il fascino del vintage,.. in poche parole, una sostanza da cui ricavare denaro.

Sulla scia di questa parabola, Steven Spielberg nel 1993 sembrò risaltare l’antico grazie l’ausilio della tecnologia: in Jurassik Park  i dinosauri prendevano vita grazie alla ricombinazione di DNA originale con quello degli anfibi. In quest’ottica l’antico trovava scopo in un nuovo contesto, quello dell’attrazione. In maniera analoga, anche se proporzionalmente inversa, il regista “integra” la visione analogica immettendo nella pellicola contenuti digitali: a rappresentare i mastodontici rettili non sono solo soggetti animatronici come molti pensano;  per  raffigurare l’effetto scia e dunque rendere la corsa del t-rex più verosimile (come se l’operatore stesse veramente riprendendo un dinosauro), Spielberg si servì della computer-generated imagery della Industrial Light & Magic. Nonostante i precedenti tentativi Jurassic Park è considerato il primo grande film ad aver utilizzato la Computer Grafica (CGI). Detto questo, l’incrocio serve ad indicare il nuovo che entra nel vecchio, il digitale che invade la pellicola in un’epoca in cui questa era ancora  l’oggetto simbolo che identificava l’opera cinematografica. In poche parole significato e significante si rincorrono e si completano l’un l’altro come un filamento di DNA: partendo da un romanzo di Micheal Crichton come base, giungono a un discorso più profondo e complesso, qualcosa che ha a che fare con l’attuale.

Magari si tratta di parole sprecate se si considera che Jurassic Park rimane sempre un film d’intrattenimento, ma ciò non impedisce lo studio di un determinato tipo di approfondimento. Il regista che ci ha messo le mani  come su una formina di pongo, ha ricreato e plasmato i dinosauri trasformandoli in realtà. Ma nessuna sorpresa! Se è di Steven Spielberg che si parla, più che col cinema si ha a che fare con un’impresa! L’enorme, il feroce, ma anche l’ignoto e il fantasioso di un’epoca di cui si hanno solo ossa e polvere vengono sapientemente trapiantati nell’era contemporanea per dar corpo ai sogni di una generazione legata al fascino dello sconosciuto. Nutrire la gioia di bambini grazie a un parco d’attrazioni è la mossa di un John Hammond qualunque che grazie alla sua passione, alla sua maestria realizza i desideri di tutti in cambio di pochi spicci. Rispolverare il fascino più antico della fiaba immergendola nel genere fantascientifico è un chiaro esempio di come Spielberg prima di essere autore, sia un astuto imprenditore: un film per bambini come E.T. – L’Extraterrestre non porterà in sala solo i bambini, ma anche i genitori che fino a prova contraria pagano il biglietto anche se accompagnatori.. Anche da questo, storia e metodo convergono in una chiara manifestazione di ciò che la società è e di come il sistema funzioni: il progresso si nutre di finanziamenti per produrre i sogni.

Fin dal principio il cinema è “la Fabbrica dei Sogni”! Dunque perché sorprendersi nel veder riportati in vita i nostri cari “amici” dinosauri. L’effetto “Wow” di un certo cinema alla Georges Méliès ben si adatta a questo secolo bisognoso di nuovi stimoli e sempre alla ricerca di nuovi shock sempre più scioccanti. Ecco che  nasce Jurassic World, quarto capitolo della storica saga, che conscio dei limiti dell’”ovvio” e del “già visto” deve riadattarsi e ridare forma ad una sostanza dispersa e sfatta dalle piaghe del tempo. Il “Dino-Park” che tutti gli appartenenti della generazione anni ’90 sognano (Ebbene sì: il Giullare è tra questi) finalmente apre le porte  per regalare un’ultima volta un’emozione che non si provava più da tempo! Per inaugurarlo, modifica necessaria è cambiargli il nome (o titolo): il Jurassic Park diventa il Jurassic World.. perché il nuovo ha bisogno di una sua autonomia che si discosti solo in superficie dal vecchio.  Ma anche se la Ingen è stata estromessa dagli affari, l’uomo non tarderà a manifestare la sua arroganza creando una nuova attrazione. Perché come accennato, fin da inizio secolo il nostro quotidiano è scandito da shock continui che incalzano il quieto vivere d’istantanei presenti; il passato si deposita troppo in fretta nelle coscienze degli individui ormai assuefatti dalla tempesta d’immagini sempre più prorompenti ed invadenti. I sogni che tanto hanno catturato l’immaginario di una certa generazione, come quella di We’re Back! Quattro Dinosauri a New York (guarda caso prodotto da Spielberg e ma guarda un po’ sempre del ’93, che volpone!) non bastano più. Quei dinosauri che  tanto hanno fatto innamorare noi nerd della precedente generazione sono insufficienti.

Ma ciò è una pecca trascurabile, poiché ciò che dovrebbe tenere incollato lo spettatore modello non sono le creature in sé (non si riesce a capirne il motivo o la magia, ma i dinosauri di Spielberg nonostante i tempi, erano decisamente più.. Reali), bensì il contorno che racchiude questi possenti creature. Non ci si riferisce alle recinzioni del parco, sia ben chiaro, ma ciò che è stato calpestato e viene spontaneamente fatto riemergere dall’oscurità.. E’ un chiaro segnale che il contemporaneo ha bisogno del passato per proseguire e che non occorrono grandi innovazioni ed effetti digitale strabilianti. Così facendo si ottiene semplicemente un sofisticato blockbuster che si conclude con una banale lotta tra Raptors e Tyrannosauro contro Indominus Rex e Mosasaurus. Ma Jurassik World è qualcosa di più in cui l’alleanza non è narrativa, bensì simbolica: il vecchio forse è il vero ed unico protagonista. I Velociraptors (Deinonychus.. perché non si è mai abbastanza nerd, ihohohohoho) e il Tyrannosaurus-Rex rappresentano due fantasmi costretti a lottare contro l’incedere del nuovo. Se i dinosauri di Jurassic Park sono personaggi estranei perché fuori tempo, in Jurassic World queste due specie lo sono di più. Il T-Rex che viene liberato a fine film è il medesimo esemplare che ruggiva vittorioso mentre la scritta “when Dinosaurs ruled the Earth” svolazzava chiudendo il film del 1993.  Ma a 22 anni di distanza, questo fantastico trionfo non riesce più a provocare gli animi, ad acclamare che la natura  vince l’uomo ed il suo tentativo di possederla e domarla. Bisogna punzecchiare lo spettatore attento immergendolo in un altro tipo di passato e farglielo scovare attraverso pochi elementi chiave, quali un caschetto, una jeep distrutta, qualche frase, un arazzo, Benvenuti al Jurassic… Pregio del film non è quello di ammirare i nuovi predatori (principio attuato dal terzo film), ma trasformare il pubblico cinematografico in una squadra di “paleontologi”, desiderosi di scavare nel film del 2015 i fossili di ciò che è rimasto dell’opera grandiosa del primo capitolo del 1993.
1416826165_o-JURASSIC-WORLD-facebookSi è detto che l’ostacolo principale del film sia lo scontento e l’abitudine. Abitudine di una società che ha dimenticato come sorprendersi. Jurassic World cerca di farlo creando un nuovo dinosauro: l’Indominus Rex. Esso rappresenta l’ennesimo errore di un’umanità che pretende di controllare le leggi della natura e infrangerle a suo piacimento. Perché lo sbaglio delle generazione contemporanea sta nel ritenere che il pianeta sia in suo possesso e non viceversa. Noi beatamente illusi che la Terra sia modificabile e che ogni nostra mossa possa migliorarla oppure nella maggior parte dei casi, distruggerla: controllare l’estinzione di alcune specie animali è un tentativo di preservazione artificiale che può dare l’apparenza di campare qualche altro decennio o secolo in più, ma non di scampare dalla fine. Il pianeta Terra può proseguire anche senza di noi, così come ha fatto senza i dinosauri, la più grande specie mai vissuta sulla Terra, spazzata via per una serie di circostanze determinanti. Forse l’uomo dovrebbe riporre attenzione a queste straordinarie creature apparse circa 200 milioni di anni fa, prima di prefiggersi lo scopo di “migliorare” ciò che ha intorno a sé e sentirsi grande.. perché delle più grandi creature vissute più a lungo di noi nel nostro pianeta, ora non restano solo che fossili sottoterra..

Voto: 4 Stelle su 5